Smart working: quali prospettive?
Si sa, di impiego "a distanza" si parla ormai da molti anni, con un primo riconoscimento normativo fissato nella Legge 81/2017 (anche nota come Legge sul Lavoro Agile), ma soltanto con l'arrivo della pandemia da Covid-19 questo strumento è stato davvero sperimentato su larga scala, diventando un elemento strutturale dell'organizzazione del lavoro. I suoi benefici, riconosciuti anche da imprenditori e manager, sono molteplici: dall'aumento della produttività al risparmio energetico, passando per un maggior bilanciamento del rapporto carriera/vita privata, lo smart working si configura come un importante fattore di sostenibilità, sotto diversi aspetti. Tutt'altro che trascurabile, nell'analisi del fenomeno, è poi l'impatto che questa modalità di lavoro ha avuto in termini di innovazione digitale di aziende e società che, soprattutto in Italia, ha raggiunto volumi davvero inediti.
Alla luce di questi elementi, risulta piuttosto difficile pensare ad un ridimensionamento significativo o, addirittura, all'eliminazione di uno strumento che ha contribuito attivamente alla creazione di valori misurabili in ogni ambito della vita aziendale. In effetti, più che ad un brusco ritorno al passato, le imprese puntano ad un'integrazione sempre più strutturata del lavoro agile. Segnali importanti si sono già manifestati nel corso del 2024, indicando uno scenario rivolto al superamento della visione emergenziale che aveva inizialmente sostenuto il "boom" del fenomeno.

A fronte delle esigenze emergenti (anche considerando l'ingresso della Gen Z - la prima "nativa" digitale della storia - nel mondo del lavoro) e della generale riconfigurazione della scala dei valori verso una dimensione che privilegi il benessere personale, la scelta di Amazon sembra non tenere conto di una realtà profondamente mutata, trovando riscontro soltanto nelle politiche restrittive adottate dalla Repubblica Popolare Cinese. Nonostante le decisioni prese dalla compagnia di Jeff Bezos e da altri "giganti" della new economy, è l'area anglosassone a registrare la maggiore diffusione del lavoro da remoto, con pratiche sempre più attente alla salvaguardia dei diritti dei dipendenti e alla promozione dell'inclusività.

Insomma, a più di 5 anni dall'inizio della pandemia, l'attenzione di addetti ai lavori e opinione pubblica verso il tema rimane costante, e tutto lascia intendere un sempre maggior consolidamento di questa modalità di lavoro, sia a livello di norme che di prassi aziendali. Un esperimento tutt'altro che finito e, anzi, sempre più centrale nella moderna organizzazione del lavoro.
Alberto Vigolungo