Smart working: quali prospettive?

Emerso nel dibattito pubblico all'inizio del nuovo millennio, lo smart working è esploso definitivamente con l'avvento della pandemia da Covid-19: cinque anni dopo, qual è lo "stato dell'arte"?
La decisione di Amazon, che a partire dal 2025 ha richiamato in presenza tutti i propri dipendenti cinque giorni a settimana, aveva destato un certo clamore; tuttavia, a quasi un anno di distanza dall'annuncio, quello del colosso statunitense dell'e-commerce rimane un caso in controtendenza rispetto allo scenario globale, che vede un mercato del lavoro ormai orientato in altre direzioni, come rilevato anche in uno studio del World Economic Forum. Ad oggi, rispetto a questo fenomeno, due direttrici sono emerse con una certa evidenza: consolidamento e regolamentazione


Si sa, di impiego "a distanza" si parla ormai da molti anni, con un primo riconoscimento normativo fissato nella Legge 81/2017 (anche nota come Legge sul Lavoro Agile), ma soltanto con l'arrivo della pandemia da Covid-19 questo strumento è stato davvero sperimentato su larga scala, diventando un elemento strutturale dell'organizzazione del lavoro. I suoi benefici, riconosciuti anche da imprenditori e manager, sono molteplici: dall'aumento della produttività al risparmio energetico, passando per un maggior bilanciamento del rapporto carriera/vita privata, lo smart working si configura come un importante fattore di sostenibilità, sotto diversi aspetti. Tutt'altro che trascurabile, nell'analisi del fenomeno, è poi l'impatto che questa modalità di lavoro ha avuto in termini di innovazione digitale di aziende e società che, soprattutto in Italia, ha raggiunto volumi davvero inediti. 

Alla luce di questi elementi, risulta piuttosto difficile pensare ad un ridimensionamento significativo o, addirittura, all'eliminazione di uno strumento che ha contribuito attivamente alla creazione di valori misurabili in ogni ambito della vita aziendale. In effetti, più che ad un brusco ritorno al passato, le imprese puntano ad un'integrazione sempre più strutturata del lavoro agile. Segnali importanti si sono già manifestati nel corso del 2024, indicando uno scenario rivolto al superamento della visione emergenziale che aveva inizialmente sostenuto il "boom" del fenomeno. 

Secondo un recente articolo de' "La Stampa", nell'ultimo anno, lo smart working ha visto un aumento del 5%, raggiungendo una platea di circa 4 milioni di dipendenti, e ponendo così la necessità di nuovi interventi in campo normativo, confluiti nella Legge 42/2025, che ridefinisce diritti e doveri dei soggetti coinvolti. Se questo provvedimento segna il definitivo abbandono di una logica emergenziale, più in generale, l'attenzione del dibattito si è spostata sulla qualità del lavoro a distanza e sull'adattamento alle nuove esigenze dei lavoratori, che considerano ormai l'accesso a questo strumento come un requisito fondamentale nella valutazione dell'offerta. 


A fronte delle esigenze emergenti (anche considerando l'ingresso della Gen Z - la prima "nativa" digitale della storia - nel mondo del lavoro) e della generale riconfigurazione della scala dei valori verso una dimensione che privilegi il benessere personale, la scelta di Amazon sembra non tenere conto di una realtà profondamente mutata, trovando riscontro soltanto nelle politiche restrittive adottate dalla Repubblica Popolare Cinese. Nonostante le decisioni prese dalla compagnia di Jeff Bezos e da altri "giganti" della new economy, è l'area anglosassone a registrare la maggiore diffusione del lavoro da remoto, con pratiche sempre più attente alla salvaguardia dei diritti dei dipendenti e alla promozione dell'inclusività.

Anche in Europa, nonostante un quadro normativo estremamente frammentato e disomogeneo, lo smart working continua ad avanzare, soprattutto in Germania, dove il governo è intervenuto con provvedimenti ed investimenti infrastrutturali "ad hoc", mentre in Paesi come Olanda, Irlanda e Finlandia le percentuali di lavoratori da remoto sono vicine o superiori al 70%, secondo i risultati di un report pubblicato da Euronews nel primo trimestre dell'anno. 


Insomma, a più di 5 anni dall'inizio della pandemia, l'attenzione di addetti ai lavori e opinione pubblica verso il tema rimane costante, e tutto lascia intendere un sempre maggior consolidamento di questa modalità di lavoro, sia a livello di norme che di prassi aziendali. Un esperimento tutt'altro che finito e, anzi, sempre più centrale nella moderna organizzazione del lavoro. 


Alberto Vigolungo